LaChapelle. Chi è?
La mia competenza in ambito fotografico è evidentemente mirabile. Pensavo difatti che il nome (LaChapelle) fosse uno pseudonimo e derivasse dalla presenza ridondante di pose e soggetti religiosi nella sua opera. Dopo una googlata furtiva ho finalmente compreso: minchiata.
Presentazioni fatte direi che il primo sentiment che ho percepito entrando al Salone degli Incanti di Trieste è stata un’inspiegabile familiarità. Me ne sono subito stupita perché, non conoscendo nessuna delle opere esposte (sempre l’ignoranza di cui sopra), mi aspettavo di sentire un maggiore distacco e di dover impegnare più energia per entrare in sintonia con le fotografie. In verità ci sono alcune caratteristiche delle opere di LaChapelle che rendono la loro fruizione semplice anche a occhi inesperti. Una su tutte è sicuramente l’utilizzo di umani iconici come Naomi Campbell, Miley Cyrus and so on. Cito ambedue perché personalmente ho trovato i pezzi che le ritraggono molto efficaci e accattivanti.

Anche l’evidente richiamo a colossi del mondo artistico come Michelangelo, Botticelli oppure Andy Wharol rende l’immagine immediatamente più immediata (CIT.). Credo che la riedizione di Marilyn non sia paragonabile all’originale ma non credo nemmeno che tenti d’esserlo. Infatti mi piace pensare a quest’evoluzione come la reinterpretazione di un’opera che è stata realizzata con il preciso intento d’essere replicabile, conservando tuttavia la sua unicità. L’arte come stimolo, impulso, nascita.

I riferimenti a temi cult, poi, possono senz’ombra di dubbio suscitare empatia con le figure rappresentate. LaChapelle, il mio amico, tratta con disinvoltura e senza pregiudizio argomenti delicati come la disparità di genere, il disagio derivato dai disturbi alimentari, le perversioni e le controversie legate al caleidoscopico mondo della sessualità. La percezione che ho avuto durante tutto il percorso è stata l’assenza di preconcetto. La plasticità dei soggetti e gli scenari surreali rendono il messaggio efficace ma non crudo, permettendo a chi le osserva di riflettere su argomenti sensibili senza avvertire la necessità di partorire un giudizio.
Sicuramente sperimentare è uno fra gli sport preferiti dell’artista. Impressive la sequenza di immagini scattate fra l’appassionante paesaggistica di LA e delle Hawaii. Una serie di miniature realizzate con dovizia da esperti collocate fra deserto e vegetazione a simboleggiare quelle che per David potrebbero essere i reperti della nostra civiltà agli occhi dell’uomo del futuro.

Concludendo:
- Location 10
- Menù 10
- Servizio 8 (un audio-guida per pigri potevano pure metterla)
- Conto 8