Percival

Caro Percival, sono interdetta.

Confesso di aver addentato la tua opera “Telefono” incuriosita dalla trovata dei tre finali. Mi piacerebbe infatti trovare qualcuno che abbia letto le tue pagine e trovato una chiusa diversa dalla mia per poterle confrontare. Diciamo che fino a quel momento potrò limitarmi a valutare l’operazione per ciò che appare superficialmente, ovvero una buona mossa editoriale volta a attirare i gli animi più curiosi di tutti il modo. Nel mio caso sicuramente gioca un ruolo fondamentale la mia passione per il relativismo, che mi spinge a cercare tutto e l’alternativa di tutto anche nelle piccole faccende quotidiane. Sicuramente l’idea che un testo così possa avere una diversa conclusione fa sorgere in me il desiderio di leggere un finale più roseo, il che non dice molto sul romanzo ma la dice lunga su di me. Posso serenamente autodiagnosticarmi una non trascurabile inclinazione ottimistica e un’inguaribile attrazione verso l’happy ending, ben celata da una corazzata vena di cinismo e disincanto con cui condisco la maggior parte delle mie riflessioni, figlio ingrato del razionalismo più sfrenato che altrettanto m’appartiene.

Terminata la parentesi di psicanalisi gratuita e spiccia posso senz’altro affermare che, finale a parte, il romanzo mi lascia interdetta. Trovo poca malgama fra le vicissitudini personali e professionali del protagonista e la confusionaria narrazione di un’impresa tanto eroica quanto poco credibile di liberazione di un gruppo donne fatte prigioniere e schiavizzate da uomini di malaffare. Tanto che il modo sintetico e semplicistico con cui l’odissea di Zach viene sviluppata solamente al finale del libro mi spinge a pensare che tutta la vicenda malavitosa fosse solo un escamotage mentale creato dalla figura narrante per fuggire dal lacerante e invivibile dolore derivante dalla perdita dell’appena dodicenne figlia Sarah. Una sorta di viaggio mentale che la voce narrante partorisce per dar sfogo alla sua comprensibile necessità di salvare qualcuno, non potendo salvare la propria bambina.

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