Seconda puntata dell’irriverente rubrica Marok’n’Roll: la Big City!

Partiamo dal presupposto che per una sociopatica trovarsi a Marrakech non sia proprio congeniale.
Cazzo ci sei andata a fare mi direte voi?
– mettermi alla prova
– confrontarmi con culture differenti
– uscire dalla mia comfort zone
– comprare un paio di ray-ban tarocco
Premessa fatta vi dirò che ci si abitua, pian piano. Viuzze claustrofobiche imbottite di persone d’ogni etnia e condite di scooter rombanti, asini con carretto annesso in retromarcia e anziane donne marocchine che sorreggono valige con la testa vi sembreranno la normalità dopo qualche tempo di villeggiatura. Ci si abitua a stare stipati come bagagli a mano su un volo Rayan-air. S’inizia a famigliarizzare con gli odori tanto cari a questa terra magrebina e con i sapori speziati della città rossa. S’impara anche la più antica arte marocchina: la trattativa monetaria, sfoderando offerte a ribasso che farebbero impallidire Birul, il vostro vucumprà di fiducia. Praticamente alla fine del viaggio diventi uno di loro, garantito!

Quindi una volta entrati nello spirito e terminati i convenevoli turistici (pedissequamente segnalati dalla Lonely Planet) comincia il divertimento. Ci si prende tutto il tempo necessario per perdersi a dovere fra i miliardi di souq marachensi (neologismo) e fantasticare sul design della nuova dimora etnica in cui collocheresti tutti gli innumerevoli suppellettili che vorresti comprare. Non per niente l’artigianato marocchino è uno degli aspetti che più mi ha impressionato. Ogni cosa è coerente, essenziale, funzionale e allo stesso tempo ornamentale. Adoro le teiere in argento, i bicchierini da te finemente decorati e i tappeti densi di nappine e palliettes. Ovviamente le ceramiche. Per non parlare poi di bijoux, pochette decorate con pon pon e ceste in vimini da sfoggiare in spiaggia da vere influencer.

Inoltre, da non sottovalutare lo spirito artistico nelle sue forme più contemporanee. Capita sovente, infatti, di imbattersi in fascinosi riad traboccanti di pitture e opere plastiche figlie della società attuale, che raccontano la vita odierna di un Marocco in evoluzione. Vi sono anche atelier raffinati che confezionano abiti tradizionali in chiave moderna e ambienti ristorativi sofisticati in cui si foraggia l’intramontabile passione umana per la gastronomia. Senza dimenticare, infine, gli artisti di strada: giocolieri, musicisti, incantatori di serpenti, ammaestratori di scimmie e chi più ne ha più ne metta! Preziose risorse per la capitale culturale marocchina, che ogni sera, grazie al loro strabiliante talento, incantano le migliaia di passanti che affollano la piazza di Jamaa el Fna.

Per concludere mi piacerebbe descrivere quest’esperienza con una parola: caleidoscopica.
Imperdibile!