Ecco la grande protagonista del rubricone Marok’n’Roll. La cucina!
Che si mangia in Marocco?
Parlando in termini attuali sicuramente si mangia a km zero. L’astuto popolo africano ha davvero capito in che modo aprovechar (termine spagnolo che adoro) dei frutti di Madre Terra. E che frutti! Gli agrumi la fanno da padrona. In ogni angolo che si rispetti c’è almeno un pittoresco chiosco che offre spremute fresche di arance, pompelmi e limoni. In pole position anche il melograno seguito a ruota da avocado e datteri, mescolati in avanguardistici intrugli energizzanti.
I cugini marocchini hanno anche imparato ad utilizzare spezie ed erbe aromatiche per godere delle loro proprietà benefiche. Primo fra tutti il coriandolo, che per mia somma gioia mettono anche nel caffè a colazione. Il fratello esotico del nostro amico prezzemolo, infatti, viene utilizzato like no tomorrow. Lo si usa per insaporire piatti neutri come cous cous e zuppe, guarnire filetti di pesce o di carne e condire qualsiasi tipo di verdura. Dal mio punto di vista non vince il trofeo del gusto ma senz’altro eccelle nel coadiuvare la digestione e favorire un corretto processo gastrico. Fra le altre spezie sicuramente gettonate nel settentrione d’Africa troviamo cumino, paprica e cannella.
Volendo arrivare in fretta al main course posso dirvi questo: la semplicità vince. In linea di massima, per il poco che ho potuto constatare in questi dieci giorni, posso dire che la cucina marocchina porta a tavola materie prime fresche senza intaccarle eccessivamente con elaborazioni complesse. Si predilige l’utilizzo di cous cous, legumi (soprattutto lenticchie e ceci) e verdure rigorosamente di stagione. Le cotture principalmente usate sono la griglia e il tradizionale tajin, la cottura lenta in coccio, una variante berbera del nostro stufato, che regala senza dubbio grandi emozioni.
Non si può, infine, trascurare il settore dolciario. A differenza del sale, dimenticato nella credenza, i marocchini amano lo zucchero, quasi quanto il coriandolo. Tanto che diverse pietanze servite come porta principale vedono il connubio di carni e verdure con mandole, zucchero a velo e cannella, come nella tradizionale pastilla per esempio. Stucchevole la pasticceria locale, che ama l’utilizzo smodato di datteri, mandorle e miele e che spesse volte conferisce una parte croccante e sapida attraverso l’uso del sesamo.
Una componente dolce la si può ritrovare anche assaporando il tradizionale te alla menta, che più che un semplice liquido è un vero e proprio rito, una consuetudine culturale. Viene offerto all’avventore come segno di benvenuto, molti lo scelgono la mattina al posto del caffè, inoltre si suggerisce la sera a chiusura del pasto. La sua preparazione è tremendamente affascinante, ed avviene tramite l’utilizzo di lavorate teiere in argento scaldate ad hoc per permettere alle foglie secche di tè verde e a quelle fresche di menta di rilasciare i propri aromi, che vengono successivamente addolciti da svariate zollette di zucchero. Ci sono anche azzardate tecniche di versaggio dall’alto che dovrebbero servire a perfezionarne il gusto.
Una bevanda frutto di storia, tradizione e amore per la propria terra. Quella che preferisco!!



